È venerdì 11 aprile e Francesca riceve una telefonata da un ragazzo pakistano di Cesate: un suo amico ha bisogno di un avvocato e l’assistente sociale di Cesate gli ha raccontato del nostro sportello legale (è lo Sportello Itinerante di Orientamento Legale, dell’Associazione Villa Amantea – AVA). Gli diamo gli orari e i luoghi dello sportello della settimana successiva. Richiama, insiste, fa capire che è urgente, è disposto a pagare.
Siamo in macchina, appena partiti, ci aspetta il sindaco di Celleno, vogliamo conoscere il suo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Un punteggio altissimo in graduatoria per un comune di poche anime; non possiamo non andare. Z. dovrebbe aspettare, ma la disponibilità a pagare accende una lampadina di allarme: vuol dire che è importante, che ha davvero bisogno. Dobbiamo dare risposta immediata. Tam tam di telefonate e le “tartarughine” di AVA si adoperano spinte dall’allarme che viene lanciato!
La mattina dopo, molto presto, noi siamo a Perugia in uno Sprar, ma altre braccia, in piazza Napoli a Milano, aspettano il ragazzo pakistano. Claudia e Patrizia sorridono a Z. e si siedono nel bar che diventa “sportello” dopo i primi saluti. Si immergono nella storia, vedono la sincerità, la reverenza, la compostezza e la preoccupazione. Seguendo il racconto del ragazzo ascoltano delle persecuzioni vissute, verbalizzano tutto.
Z. è arrivato dopo un viaggio di 22 giorni chiuso in un container di una nave. Doveva mangiare e bere pochissimo per limitare i bisogni corporali. Ha attraversato la Turchia, sempre nascosto, senza mai uscire all’aria e alla luce. Arrivato in Sicilia, è sceso senza farsi notare e, grazie all’aiuto di alcuni connazionali, è approdato nell’hinterland milanese, a Cesate.
Il Pakistan è un paese di religione musulmana, ma convivono due fedi. Z. e la sua famiglia sono sciiti; la maggioranza è sunnita, ed è al governo. Suo padre aveva una scuola sia di istruzione che di formazione religiosa sciita. Anni fa è stata attaccata e bruciata. In città sono sempre stati molto conosciuti, in vista, e lo sono tuttora.
In un giorno di festa religiosa musulmana sciita, Z. ha partecipato alla processione. Sono caduti in una imboscata: dall’alto dei tetti sono stati oggetto di lancio di pietre e ci sono stati feriti e morti; in quei due o tre giorni sono state uccise 13 persone a Rawalpindi. Il ragazzo si sentiva sempre più accerchiato: alcuni suoi amici sono stati già uccisi e sono state uccise anche altre persone vicine a lui, che facevano la guardia alla loro moschea; le persone assassinate erano per lo più studenti, temuti perché più in grado di ribellarsi, di organizzarsi e chiedere giustizia al tribunale. Un altro amico, rifugiatosi in Olanda e poi rientrato a casa, è scomparso da 2 mesi e non se ne sa più niente. Il governo continua ad affermare pubblicamente che gli sciiti possono stare tranquilli, possono ritrovarsi a pregare liberamente, ma di fatto continuano a perseguitarli. I sunniti conoscono gli sciiti quartiere per quartiere.
Z. ha smesso di lavorare perché aveva sempre più paura ad uscire di casa. Suo fratello è scappato in un’altra città e le sue tracce si sono perse. I suoi hanno spinto perché Z. partisse e suo zio l’ha aiutato a raccogliere i soldi per pagarsi il viaggio come clandestino su quella nave portacontainer.
Proviamo a verificano i racconti tramite internet; troviamo rispondenza ai fatti raccontati e alle persecuzioni del governo. Veniamo aggiornati tramite la chat. Si ragiona assieme: Perugia, Milano, Trezzano, tutti sentono l’importanza di questa storia, ognuno porta il suo contributo e si decide di avvisare lo studio legale, bisogna essere tempestivi.
Z. il 9 maggio ci aspetta alla stazione Cadorna e viene accompagnato a Cesano Boscone, è stato accettato dal Servizio Centrale! Abbiamo chiesto a Roma l’accoglienza per il giovane pakistano. Alcuni casi si possono proporre dal territorio: bisogna aprire a Z., ha bussato per primo con forza e rispetto. L’associazione si muove con determinazione: bisogna rispondere ad un bisogno con la stessa immediatezza di quel sabato mattina, Z. è per strada!
Il tragitto per Cesano Boscone è lungo, quella mattina; Z. è nervoso e gli sudano le mani, ha un po’ di timore ma è grato, una gratitudine che gli fa sorridere gli occhi al di là della preoccupazione.
Per entrare nello Sprar ha dovuto raccontare la sua storia all’assistente sociale, poi ancora a Francesca prima dell’incontro in questura. Z. si fida ed ha capito che siamo lì per aiutarlo ma solo al quarto colloquio, durato due ore, parla finalmente della bruciatura e delle cicatrici che ha sul corpo. Parlarne fa male ma la volontà di dimenticare, la spinta ad andare avanti è più forte di tutto.
Ricordare è costato notti insonni ma siamo in Questura e Z. sta firmando il suo permesso di soggiorno; è il primo passo che lo fa sentire in salvo, a scadenza di 6 mesi certo, ma in salvo. La commozione è tanta per una semplice manciata di mesi. Gli occhi di Z. sempre bassi e tristi si aprono come il sorriso e sono lucidi. La prima domanda dopo un abbraccio di ringraziamento è per il futuro: con questo posso lavorare? No, per ricostruirti una vita devi aspettare…